M° Gianni SPERLINGA |
La prima cosa che bisogna modificare
è la visione che si ha degli “allievi” di una società, fino ad oggi in gran
parte considerati, al momento della prima iscrizione, “clienti”, quote.
Già dopo i primi mesi, certamente
dopo il primo anno di frequenza, questi non possono più essere considerati
semplicemente clienti, bensì come dei prodotti, (forse delle creazioni) frutto
del lavoro del maestro.
L’appropriazione indebita del
frutto del lavoro di altri può avere tante definizioni, sulle quali non mi
soffermerò. Mi basta qui sottolineare che questo andazzo è molto diffuso e
sembra che la Federazione, non ponendo in essere alcun freno, avalli se non
addirittura incoraggi siffatte azioni.
Di conseguenza la seguente
riflessione appare quanto mai logica: perché mai un maestro dovrebbe impegnare
la sua fatica, il suo eventuale talento, per un prodotto che gli verrà prima o
poi sottratto?
Trovo piuttosto deplorevole alimentare
siffatti comportamenti; e mi sembra abbastanza evidente che perseverare in
questo diffuso” modus operandi” porterà, alla lunga e inevitabilmente, alla
fine dell’alto livello della scherma in Italia.
Nessun maestro che conservi un
briciolo di dignità o di amor proprio accetterà di lavorare per il tornaconto
altrui senza ricevere, insieme al riconoscimento del merito, nulla in cambio.
Per questo motivo ritengo
importantissimo rivoluzionare la regolamentazione dei passaggi di società,
creando un DETERRENTE che sia in grado di “tagliare le mani” alle società che
vivono degli atleti altrui , offrendo loro l’opportunità di dimostrare il loro
effettivo valore.
Le modalità più efficaci a mio
parere sono due, che possono essere utilizzate entrambe, sia contemporaneamente
(opzione consigliata) che singolarmente:
1) Considerare
gli anni di tesseramento.
In questo caso
la società che vuole prendere l’atleta di un’altra, dovrà versare la somma di
500 euro per ogni anno in cui l’atleta è stato tesserato con la società di
provenienza. Per evitare esagerazioni si possono considerare gli anni in cui
l’atleta è agonista: Per essere chiari, da maschietti/bambine in poi scatta il
cartellino.
A questi 500
euro per ogni anno, si aggiungeranno le somme (miserevoli, se non ridicole) già
previste da tempo nel caso l’atleta abbia ottenuto qualche risultato.
2) Considerare
il valore dell’atleta.
In questo caso invece di considerare gli anni
in cui l’atleta è stato tesserato con la società di provenienza, si considererà
il suo valore agonistico, in base alla sua posizione nel ranking FINALE.
Cioè, se una società vuole tesserare, a settembre, l’atleta di un’altra società, pagherà quanto deve in base alla posizione dell’atleta nel ranking finale dell’anno appena finito NELLA SUA CATEGORIA DI APPARTENENZA (se è cadetto il ranking cadetti se è giovane quello giovani se è allievo quello allievi e così via. Se a settembre l’atleta passa giovane primo anno, vale la sua posizione da cadetto terzo). In questo caso si procede per “tabelloni”, ad ogni tabellone corrisponde una somma secondo questo schema:
|
Tab. 4 |
Tab. 8 |
Tab. 16 |
Tab. 32 |
Tab. 64 |
Tab.128 |
Tab. 256 e oltre |
ASSOLUTI |
€15.000 |
€12.000 |
€10.000 |
€8.000 |
€6.000 |
€4.000 |
€2.000 |
GIOVANI |
€12.000 |
€10.000 |
€8.000 |
€6.000 |
€4.000 |
€2.000 |
€1.000 |
CADETTI |
€10.000 |
€8.000 |
€6.000 |
€4.000 |
€2.000 |
€1.000 |
€500 |
GPG |
€8.000 |
€6.000 |
€4.000 |
€2.000 |
€1.000 |
€500 |
€300 |
Il pagamento obbligatorio e
salato, nella sua equità, potrebbe essere il deterrente giusto per chi pensa di
continuare ad alimentare “gratis” la propria attività.
Le risposte sono molto semplici:
poiché spesso il trasferimento dell’atleta altro non è che un pretesto per seguire
uno dei soliti “Maestri”, interessati padri adottivi, che vogliono accaparrarsi
atleti forti, lungo tutto lo Stivale e non solo della propria città, è giusto
che paghino.
Quando poi capita, perché è vero
che capita, che l’atleta in questione si trasferisca per motivi reali, quali
università o lavoro, la soluzione è ancora più semplice: basta ampliare la modalità
- società di tesseramento/società di allenamento - tra due società civili,
invece che solo tra un gruppo sportivo militare e la società civile. In questo
modo la società di appartenenza rimane la stessa, per essa l’atleta tirerà,
farà la squadra e prenderà i punti mentre la società di allenamento, oltre ad
avere una quota sociale in più, avrà anch’essa i punti di quell’atleta e, come
con i militari, nel caso le società non siano nella stessa serie a squadre e
l’atleta non faccia la gara a squadre con la società di appartenenza, potrà
fare la gara a squadre con la società di allenamento. Come per i militari,
avvisando con un ragionevole anticipo, l’atleta potrà scegliere, nel caso debba
fare la qualifica regionale, se farla nella regione della società di
tesseramento o in quella della società di allenamento.
Questa scelta, anche se ufficiosamente,
ha già qualche precedente
Tutto ciò non impedisce che, se
una società non ha nulla in contrario a cedere il proprio atleta ad un'altra (è
una cosa normale nel caso, ad esempio, in cui un ragazzino si trasferisca per
via del lavoro dei propri genitori) può concedere il nulla osta senza
richiedere nessun pagamento (in questo caso il passaggio avverrebbe per volontà
di ENTRAMBE le società).
In QUESTO modo, e non altrimenti, si alimenteranno i buoni rapporti tra le società di cui tanto millanta la Federazione.
M° Gianni SPERLINGA
Caro Maestro, Le ricordo che gli schermidori sono sportivi o atleti dilettanti che pagano una retta alla società di tesseramento.Lei potrebbe avere ragione se essi non pagassero nulla e fossero considerati atleti agonisti professionisti.Pertanto, pur rispettando il Suo pensiero non posso essere d'accordo con le Sue tesi.
RispondiEliminaprofemilio ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "PROPOSTE DELLA METHODOS S.S.D.: i passaggi di s...":
RispondiEliminaCredo che la proposta del Maestro Sperlinga abbia una logica che non contrasta con il dilettantismo dei nostri atleti. La "retta" è da classificarsi come "quota per la partecipazione al corso di scherma" diversa dalla "quota di iscrizione al club" e alla "quota di tesseramento" quale agonista/non agonista etc alla Federazione. Ciò vale in tutti gli sport. Da quello che ho capito il sistema proposto dovrebbe riconoscere la cosiddetta "indennità di preparazione" che, in base al tesseramento federale, ciascun atleta contribuisce a formare con il pagamento della sua personale "quota tesseramento". Ora che questo "salvadanaio" si costituisca presso la federazione o presso il singolo club è solo una questione organizzativa.
Ciò che veramente importa ed è da sottolineare, a mio avviso, è il problema. Provo a spiegarmi meglio, se c'è una proposta di questo tipo vuol dire che si avverte un problema (reale o presunto): quello dei trasferimenti di atleti in ragione di motivi che non sono tecnici o legati ad esigenze particolari ma solo alla "moda" del momento. La proposta del Maestro Sperlinga, sempre a mio avviso, va colta come uno spunto per riflettere e offrire una ipotesi di soluzione di un problema che, specie per le piccole società, rappresenta un problema enorme. Investire la propria professionalità per costruire un ATLETA, performante inoltre, richiede molto più impegno di quanto si può rimborsare attraverso la semplice "retta". Un conto è fare "scherma felice" (che io adoro), divertirsi senza necessariamente stressarsi o svenarsi per trasferte a volte allucinanti, un conto è essere un "vero agonista" che partecipa con desiderio di emergere e mostrare tutto il suo valore in competizioni in giro per l'Italia (o per il mondo).
Nell'articolo precedente si faceva menzione alla modernità e alle esigenze di rinnovare, forse con questo articolo si evidenziano i limiti di una vecchia concezione (attualissima nella realtà delle nostre asd) dove il maestro è artigiano e pare essere l'unico interessato all'agonismo vero. Se il sistema scherma vuole artigiani disposti ad investire nel vero agonismo deve pur prevedere incentivi per il loro lavoro, anche dovendo farli passare attraverso le asd. Tra l'altro le indennità consentirebbero di migliorare gli investimenti al fine di produrre altri campioni, il sistema si alimenta in questo modo.
I "premi di produzione" per chi regala manufatti che portano gloria all'intero sistema scherma mi pare sia il minimo visto che poi altri raccoglierebbero la gloria per l'ultimo risultato di prestigio di un atleta made in vattelappesca.
Io partirei dalla proposta del maestro Sperlinga per affrontare il problema e portare una vera soluzione o, almeno, perdere atto del problema e aprire dei tavoli di discussione liberi, però, dalle ipocrisie legate al dilettantismo del nostro sport.
Emilio Basile
Postato da profemilio in PIAZZA SCHERMA alle 15 novembre 2020 11:55
Mi fa piacere constatare che Emilio Basile, e spero tanti altri in buona fede, abbia ben individuato il “problema” (più vero che presunto) e ne abbia evidenziato alcuni aspetti.
RispondiEliminaPur concordando con le sue osservazioni, mi preme comunque sottolineare che i motivi, più che alla “moda del momento”, sono più realisticamente legati ad una diffusa attività, spesso subdola e sottotraccia, a volte sfacciatamente e squallidamente evidente, di “ambienti”, formati da maestri e dirigenti , incapaci di formare propri schermitori di qualità, ma specializzati nel prospettare “salti di qualità”, risultati insperati ma agognati, soprattutto eventuali convocazioni, ad atleti (e genitori) di altri maestri e società che sconoscono o, comunque, non praticano i valori sintetizzati nel 10° punto del Decalogo dello schermitore.
Gianni SPERLINGA