È stato il regalo di natale alle federazioni, il progetto di razionalizzazione del patrimonio immobiliare di Sport e Salute s.p.a che si chiama Sestante, facilmente visionabile sul sito, che spiega con termini tecnici che gli immobili usati come uffici dall’intero comparto sportivo italiano sono stati messi sul mercato per fare cassa.
Per mia opinione personale, non
ancora corroborata da prove, la sensazione è quella di far sloggiare lo sport
da molti immobili, alcuni di pregio, affinché arrivino clienti molto più ben
disposti a pagare alte cifre per l’affitto, più di quanto lo siano le
federazioni e i Comitati regionali, se non addirittura per fare spazio ad
apparati statali che forse hanno più bisogno dello sport.
Un tempo pareva fossero immobili
del CONI, ma con la rivoluzione sportiva, (sia chiaro, rivoluzione finanziaria
e nulla più), questi edifici sono evidentemente passati ai mastini di Sport e
salute s.p.a. una società quindi che chiunque abbia il portafoglio grosso e la
voglia di svuotarlo, potrebbe in qualche modo comprarsela e fare i propri
interessi alle spalle dello Stato, che forse è magari anche ben contento di
togliersi dal groppone tutti sti metri quadrati di palazzi.
A nessuno pare importi nulla
centinaia di persone in cerca di casa, e che attualmente lavorano per far
funzionare l’attività sportiva nazionale e internazionale.
Le cifre e l’analisi è tutta da
vedere nei documenti che ha pubblicato SeSspa, con cifre a metro quadrato per
il rendimento da affitti, il tutto condito con un fraseggio stomachevole, a
partire dal titolo in cui compare l’aggettivo “razionalizzazione”, (come se
prima fosse irrazionale). E poi obiettivi del progetto e i principi del
progetto (i loro ovviamente, che se ne fregano degli obiettivi e dei
principi dello sport), il cronoprogramma del progetto (perché il tempo è
denaro e quindi bisogna fare in fretta, non dimentichiamolo), per passare al benchmark
dei costi di locazione degli uffici in Italia (perché se chiedono soldi, un
motivo c’è), e dulcis in fundus il modello di valorizzazione del servizio
(di incasso, implicito, ma ovvio), che suona come quando vediamo nei film
americani il cattivo che spiega al protagonista il metodo per farlo confessare
ed elenca non solo le ragioni, ma soprattutto la tortura con la quale farà il
suo bel lavoro.
Ovviamente a SeSspa non interessa
il profitto dello sport, ma solo il proprio, non interessa se in Italia ci sono
impianti fatiscenti, e nemmeno gli interessa quanto fatichino le società
sportive per campare in una società che non cresce né demograficamente né nei
guadagni. Però evidentemente il mercato degli immobili forse va bene, per
questo sfratta noi, perché forse vede bene la cifra finale in fondo al suo
tunnel, senza sapere che se le sue previsioni di incasso rimarranno deluse, la
fine del tunnel sarà molto più lontana di quanto possa immaginare.
Nello specifico la scherma non è
messa bene. Anzi, proprio negli esempi che fa SeSspa nel suo documento, mette
fra gli esempi più belli e seducenti, gli edifici di Viale Tiziano 60 e 64 a
Roma, e quelli in G.B. Piranesi a Milano, dove Paolo Azzi avendo visto il
progetto nella sua formulazione aveva fatto un salto sulla sedia, in quanto
alla FIS erano stati chiesti circa 330.000€ all’anno di affitto, per un
edificio che dovrebbe essere ristrutturato subito e senza passare dal via.
È il primo più grosso dei
problemi che questa nuova Federscherma ha davanti a sé. Non solo i CT quindi, e
la riorganizzazione degli apparati in vari livelli, ma quella di trovare un
luogo, come Totò che nel cercare casa fu costretto a vivere al cimitero.
Anche se SeSspa paga una bella
sommetta alle federazioni sulla base di criteri suoi, soldi che ovviamente fa
piacere ricevere e che Azzi prima di Natale aveva in parte elargito alle
Società sportive, non l’autorizza a riprenderseli in veste di locatore di
immobili, o per lo meno a noi così sembrerebbe.
Ci chiediamo quindi come mai
questi obiettivi così ben corroborati da una insolita fretta e dalle
tempistiche furiose se siano da considerare sotto altre luci a noi sconosciute.
Una cosa è certa, moltissime federazioni stanno già cercando altri lidi dove
approdare, più consoni, più vantaggiosi e non solo economicamente.
Il grande sogno di Mussolini di
accentrare a Roma tutte le federazioni d’Italia, nel Foro che porta il suo
nome, detto ora “Italico”, sta lentamente svanendo. Il progetto infatti era
quello di concentrarle tutte nel palazzo che si chiama Farnesina, e che ora è
sede del Ministero degli esteri, considerato nel dopoguerra anche troppo per lo
sport. Ugual sorte per le strutture in cui si fa sport, compresa la Casa delle
armi di Luigi Moretti, che divenne l’Aula bunker per il maxi processo contro la
mafia, perché era anche troppo per la scherma. E così via gli edifici della
GIL, o le Case del fascio, alienati dallo Stato nel dopoguerra e poi rigenerati
da privati o da altri se non demoliti per fare spazio ad altre funzioni, perché
era anche troppo per lo sport e il tempo libero.
A questa Federscherma non
possiamo dire che buon lavoro perché questo è uno dei maxi problemi di cui si
dovrà occupare.
Fabrizio ORSINI
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