25 gennaio 2018

MAESTRI E TECNICI DI SCHERMA: la proposta di Gianni SPERLINGA


Considerata la totale assenza di una normativa che disciplini lo status del maestro/tecnico di scherma e di altri sport in termini assicurativi e contributivi ed in virtù delle tante e strumentali chiacchiere che si fanno sull’argomento, a volte solo a scopo elettorale, ho ritenuto proporre un ddl che possa essere discusso e approvato nella prossima legislatura. Tale proposta l'ho concordata con la Senatrice CATALFO, la quale la presenterà in Parlamento e comunque qualora non rieletta si è impegnata a farla presentare dai nuovi parlamentari del M5S.
Ritengo doveroso informare innanzitutto il nostro movimento e per farlo sintetizzo, di seguito, i passi salienti del DDL:
secondo la normativa vigente la disciplina fiscale dei compensi a sportivi dilettanti prevede un particolare tipo di tassazione variabile a seconda dell'entità del compenso percepito. Da un punto di vista previdenziale il compenso non è soggetto a contribuzione obbligatoria.
Nello sport non si può parlare di "lavoro" se non in ambito professionistico, nel variegato mondo del dilettantismo, però, enti senza scopo di lucro intrattengono rapporti di "collaborazione" a carattere oneroso la cui, a volte anche puntuale, disciplina in ambito tributario non trova analogo approfondimento sotto il profilo civilistico.
Ciò comporta delle inevitabili criticità sotto il profilo della tutela previdenziale ed assicurativa. Sul punto vedremo come l'articolo 67, comma 1, lettera m), del DPR n. 917/86 preveda che le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari, i premi e i compensi siano da considerarsi redditi diversi.
Il primo problema che si deve affrontare è cosa si debba intendere per "attività sportiva dilettantistica".
Il legislatore, infatti, ha qualificato il professionismo sportivo ritenendo come tale l'esercizio di attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguano la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
Tale competenza, affidata al Consiglio Nazionale, viene ribadita anche dal D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242 e recepita nello statuto dell'ente.
Se ne ricava che i requisiti perché si possa parlare di attività sportiva professionistica dovranno essere lo svolgimento dell'attività a titolo oneroso, con continuità in un settore dichiarato professionistico dalla Federazione di appartenenza.
Non sussiste alcune definizione di attività dilettantistica. Pertanto, dovremo ritenere che sia da considerare attività sportiva dilettantistica, per differenza, tutta quella che non è professionistica.
Ciò porta alla prima considerazione. Alla luce del nostro ordinamento positivo la distinzione tra attività sportiva dilettantistica e professionistica non assume un valore economico, ma solo di qualificazione dell'attività da parte dell'ordinamento sportivo.
Vale a dire che un'attività a carattere oneroso e continuativa, se svolta in un settore sportivo non dichiarato professionistico dalla federazione di riferimento, rimarrà attività dilettantistica in quanto, stante la natura di legge speciale (che, come tale, fa eccezione a regole generali) della Legge n. 91/1981, ai sensi e per gli effetti dell'art. 14 delle preleggi al Codice civile, la disciplina sul professionismo sportivo non può applicarsi "oltre i casi e i tempi in esse considerati".
La categoria è più numerosa di quanto si possa pensare: oltre ad atleti e tecnici di vertice (si pensi agli sciatori, ai tennisti, ai giocatori di pallavolo, di pallacanestro femminile, di rugby, e così via) ritroviamo i numerosi istruttori di nuoto, di scherma, di tennis, di aerobica, body building, pattinaggio, arti marziali, ecc. che operano nei vari centri sportivi italiani. Per tutti costoro sono presenti i caratteri dell'operosità e della continuità della prestazione: manca la qualifica da parte della federazione di appartenenza.
Le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi percepiti dai collaboratori sportivi dilettanti, beneficiano della seguente tassazione, valida ai fini dell'Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef):
·     primi E. 7.500 complessivamente percepiti nel periodo d'imposta non concorrono alla formazione del reddito imponibile Irpef e pertanto non sono soggetti a mcsazione o indicazione nella dichiarazione dei redditi;
·     Sugli ulteriori E. 20.658,28 percepiti nell'anno è operata una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta ai fini Irpef, con aliquota 23%, maggiorata di addizionale regionale e comunale. Anche questi compensi non devono essere riportati in dichiarazione dei redditi;
·     Sulle somme eccedenti è operata una ritenuta a titolo di acconto del 23% (pari al primo scaglione dell'Irpef) sempre maggiorata dell'addizionale regionale e comunale.
In pratica, per compensi percepiti sino a € 7.500 non è dovuta alcuna imposizione ai fini delle imposte sui redditi.
Per i redditi eccedenti e sino ai € 20.658,28 è dovuta una ritenuta a titolo di imposta del 23%. Tali compensi non devono essere riportati in dichiarazione dei redditi in quanto già tassati alla fonte dalla società sportiva erogante.
Per i redditi eccedenti, invece, la ritenuta operata è a titolo di acconto e quindi tali redditi dovranno essere successivamente assoggettati ad lrpef in dichiarazione dei redditi, considerando, tuttavia, anche i compensi già tassati a ritenuta a titolo d'imposta.
Infatti, ai fini della determinazione dell'Irpef per la tassazione dei redditi soggetti ad imposizione ordinaria (in dichiarazione dei redditi), il percettore delle somme dovrà tenere conto dell'importo tassato con ritenuta d'imposta secca. In altre parole, le somme assoggettate a ritenuta d'imposta definitiva concorreranno comunque alla formazione del reddito imponibile, ma ai soli fini della determinazione degli scaglioni di reddito.
Infine, è bene ricordare che gli sportivi che incassano più compensi da società e associazioni sportive diverse, devono autocertificare l'ammontare complessivo delle somme percepite, attraverso il modello di Certificazione Unica, in modo da consentire alle stesse di verificare se e su quale importo debba essere effettuata la ritenuta ai fini Irpef.
Le somme erogate agli sportivi dilettanti non devono essere assoggettate alla gestione previdenziale separata dell'INPS (Circolare INPS n. 32 del 07/02/2001).
Queste somme non devono nemmeno essere assoggettate all'INAIL. In relazione agli obblighi assicurativi l'art. 6, comma 4, D.L. n. 115 del 30/06/2005, convertito dalla Legge n. 168/2005 ha previsto l'emanazione di un apposito decreto che dovrà stabilire le nuove modalità tecniche per l'iscrizione all'assicurazione obbligatoria degli sportivi dilettanti nonché la natura, l'entità delle prestazioni e i relativi premi assicurativi.
La norma ha inoltre previsto che, nel rispetto delle norme comunitarie in materia di assicurazione antinfortunistica, le Federazioni e gli Enti di promozione sportiva potranno scegliere la compagnia assicuratrice con la quale stipulare le relative convenzioni.
La circolare ENPALS n. 13 del 07/08/2006, ha chiarito che l'esercizio diretto di attività sportivo-dilettantistica posta in essere da quegli istruttori i cui compensi percepiti siano inquadrabili tra i "redditi diversi" (articolo 67, comma 1, lettera m) del DPR n. 917/86) non sono soggetti a contribuzione previdenziale.
Secondo l'Enpals, però, i compensi di cui sopra sono riconducibili alla categoria dei "redditi diversi" in presenza di alcune condizioni:
·     La prima, che siano erogati da associazioni e società sportive iscritte all'apposito registro CONI:
·     Poi, che siano percepiti da soggetti che non svolgano a tal fine un'attività inquadrabile nella fattispecie dell'esercizio di arti o professioni;
·     Infine, che conservino il carattere della marginalità non superando la no tax area dei professionisti fissata attualmente in un importo annuo pari a E. 4.800,00.
Alla luce di quanto sopra esposto si vogliono proporre alcune variazione al fine di incentivare ancor più la regolarizzazione di un numero immenso di tecnici e atleti dilettantistici che non hanno alcuna copertura previdenziale e assicurativa.
Il primo punto è quello di alzare la soglia del minimale esente a € 12.000 e agli ulteriori 24.000 la seconda fascia agevolata.
In secondo luogo assoggettare a contribuzione previdenziale agevolata del 10% i compensi della seconda fascia, cioè quelli compresi tra 12.001 e 36.000.
Assoggettare ad una ritenuta a titolo di imposta le quote dei compensi eccedenti i 24.000 e fino a 36.000.
Per le quote oltre i 36.000 la ritenuta sarà a titolo di acconto e saranno assoggettati in dichiarazione dei redditi alle aliquote ordinarie. Dal punto di vista previdenziale dette quote saranno assoggettate alle aliquote ordinarie della gestione separata INPS.
Il Mio vuole essere un concreto contributo ad un problema di cui tanto si parla ed al quale nessuna soluzione è mai stata prospettata.
Gianni Sperlinga

20 gennaio 2018

GESTIONE TRASFERTE E NORMATIVE INTERNAZIONALI: chi paga?


Con la circolare prot. n.198/18 del 12 gennaio 2018, la segreteria comunicava agli interessati – atleti(4) tecnici(1) e club di appartenenza – la convocazione per la Coppa del mondo di SCM U20 – 20 gennaio 2018, gara a squadre 21 gennaio 2018 – Phoenix (USA). Sono stati, inoltre, ammessi 6 atleti a spese proprie di cui solo uno ha confermato la partecipazione, mentre gli altri, causa i pesanti oneri ai quali sarebbero andati incontro, hanno deciso, informando per tempo la FIS, di rinunciare. La delegazione al completo sarebbe dovuta partire il 17 gennaio, ma due componenti sono stati fermati giacché i loro visti non erano regolari.

Come ben noto per chi sia stato ospite, per lavoro o diporto, in alcuni stati arabi vi è una specifica procedura per ottenere il lasciapassare all’entrata negli Stati uniti, la quale prevede il visto B1/B2 e non l’ESTA. Riporto quanto pubblicato nel portale della Polizia di Stato.
Invece la FIS per gli atleti ARPINO e MIGNUZZI ha fatto l'ESTA con la conseguenza che i due ragazzi sono partiti oggi ed andranno in pedana appena arrivati in USA. Ma quali sono e saranno gli effetti di un simile intoppo? 1° - i due atleti non potranno offrire un rendimento adeguato ad una gara internazionale; 2° a chi addebitare la responsabilità del tutto, nella considerazione che sono state gettate nel cestino importanti risorse finanziarie (4/5 mila euro)?
Come possono accedere simili fatti ovvero come è possibile gestire la parte logistica di una trasferta senza applicare le procedure previste?
Il Presidente ha già dichiarato che si candiderà per il quadriennio 2021/2024 e se queste sono le premesse il futuro, ad essere buoni, sarà nero. Peraltro, sembra che abbia fatto una analisi sul perché sia necessaria la sua continuità e dalla stessa sarebbe emerso che attualmente in Consiglio non ci siano valide alternative: ergo, gli attuali consiglieri non sono all’altezza e che qualcuno di essi non sia propriamente affidabile. Tra i suoi impegni, durante quel quadriennio, sembra voglia far crescere qualche personalità che lo possa adeguatamente sostituire. Pertanto in futuro avremo lo stesso metodo gestionale (?!?!?!).
Ezio RINALDI

15 gennaio 2018

MASCHERE, SICUREZZA ED ALTRI MISTERI INSPIEGABILI



Mi scrive in un italiano tradotto alla bell’emeglio con google translator (e che io ho corretto per renderlo più comprensibile) un anonimo John Smith che dice: “Siete gli unici che parlano di scherma in campo internazionale e dovreste parlare della modifica delle maschere di scherma. È un business inaccettabile e la modifica non serve a nulla”. L’anonimo va avanti con altre notizie che non vi sto a dire e poi aggiunge: “deve sapere che la richiesta di modificare le maschere, non parte dalla commissione SEMI, ma è stata proposta all’Assemblea della FIE dal Comitato Esecutivo”. In genere non accolgo notizie anonime, specie se arrivano da miserabili gole profonde cui non presto volentieri l’orecchio. Personalmente, anche come piccolo operatore della scherma, questa faccenda delle maschere mi ha colpito abbastanza e desideravo dire la mia in proposito. Come molti oramai sapranno, dal 1° settembre 2018, tutti gli schermitori italiani dovranno conformarsi alla nuova direttiva sulle maschere, in quanto tutte dovranno avere l’elastico dietro la nuca secondo le nuove richieste FIE. Dal punto di vista della sicurezza, nulla da eccepire, anzi, viene da pensare come mai non ci avessero pensato prima. Alcuni hanno anche tirato un sospiro di sollievo, come se prima le maschere non fossero sicure o avessero una lacuna in termini di sicurezza che adesso è colmata da questo aggiornamento. Sempre il fantomatico John Smith, dice: “la commissione SEMI (quella che si occupa di verificare la perfomance di ogni materiale schermistico, in termini di resistenza,
efficacia e sicurezza dell’atleta ndr), dopo la proposta, ha fatto le sue verifiche e non ha trovato né miglioramenti né peggioramenti in termini di sicurezza e ha deciso di fare la modifica solo su pressioni politiche”.
Anche questa cosa, cari lettori mi pare piuttosto grave, e non so se sia vera, perciò ritengo sia completamente da verificare, perché vorrebbe dire che dalla proposta ai fatti, la strada è breve, in quanto passa tutto per una alzata di mano democratica o meno, gestita in maniera più o meno “bulgara”. Qualcuno, fra le persone che ho interpellato personalmente, mi dice che i fili che muovono le mani da alzare in FIE, provengono tutte da una direzione sola. Voi capirete che il mondo della scherma è piccolo e i conti, politicamente parlando, presto si fanno, ma lascio al lettore ogni congettura, a valle di altre considerazioni che sono emerse, a valle di altre piccole scoperte, tanto piccole ma che brillano come diamanti.
La prima. All’indomani del comunicato ufficiale FIE del 19 dicembre 2017, viene detto che i seguenti produttori di maschere hanno un nuovo sistema di aggancio approvato dalla commissione SEMI:
ALLSTAR
AMERICAN FENCING GEAR (AF)
FWF (System with press fastners)
LEON PAUL (both system, traditional and contour fit)
NEGRINI
PBT (System with press fastners)
PRIEUR
UHLMANN
Tutte le altre maschere prodotte, non hanno un sistema di fastneraggio (elastico dietro la nuca) approvato. Tanto per essere chiari, per ora gli elastici delle ditte: Wuxi, Gajardoni/Lajolo, STM e altri che non saprei dire, non sono validi, quindi le maschere non sono valide per attività internazionali, cioè FIE.
Ne desumiamo che ognuna di queste aziende produttrici conosceva da tempo l’evolversi della faccenda e probabilmente sapeva bene quali sviluppi avrebbe avuto la cosa, cioè che le nuove maschere avrebbero dovuto avere un nuovo sistema di aggancio alla testa e lo stavano sviluppando con la commissione SEMI. Va da sé che le singole federazioni avrebbero poi dovuto ratificare il provvedimento nei loro territori di azione nazionale. Ovviamente le norme FIE vengono imposte per le gare internazionali, con decorrenza quasi immediata, con la conseguenza che tutti gli atleti dalle nazionali maggiori a quelle minori debbano mettersi in regola al più presto. Si tratta di una cifra che si aggira fra uno e due migliaia,. Una cifra relativamente bassa, benchè il business si aggiri dai 140.000 ai 280.000euro, considerato che l’atleta internazionale compri per sua sicurezza una maschera nuova. Ma veniamo agli atleti di casa.
I produttori di maschere, interrogati sulla questione, hanno risposto onestamente: “conoscevamo la situazione, ma non ipotizzavamo minimamente quando la FIS avrebbe adottato il provvedimento e soprattutto da quale data farlo decorrere”. Infatti non appena il provvedimento federale (n°2/18) ha ratificato il provvedimento, la scherma italiana ha conosciuto i suoi tempi, e cioè che dal 1° settembre 2018 ogni maschera in gara dovrà essere conforme alla nuova normativa FIE. Anche in questo caso facciamo due conti.
Stiamo parlando di ucerto numero di schermitori agonisti effettivi, che potrebbe aggirarsi, se partiamo dalla categoria GPG ai Master in circa 3.000 atleti (centinaio più centinaio meno). Se tutti cambiassero la maschera il business globale è di circa 400.000euro (costo medio di una maschera circa 140euro). Al contrario, se si vorrà adeguare la maschera con l’apposito kit, in vendita dai singoli produttori, allora la cifra scende di molto, parliamo di non più di 30/40euro (materiale più lavoro), ovvero circa 100.000/120.000euro (solo l’Italia!). Senza parlare dell’ingolfamento delle lavorazioni. Proviamo allora a fare delle congetture.
Il documento FIE impone che l’elastico sia posto non più all’altezza di un tempo, ma in un punto più basso di circa 3-4 cm, per essere più aderente ed evitare alzamento della maschera quando si alza la testa, scoprendo la gola in maniera pericolosa, così anche lo sfilaggio dalla testa, semmai l’atleta la abbassasse durante una azione che pur ogni tanto accade. Anche questa è una evenienza pericolosissima che va evitata migliorando la maschera e le sue parti. Entrambe le cose, non mi pare siano mai avvenute, né in campo nazionale né in quello internazionale, e possiamo dirci fortunati, ma dobbiamo dire anche che la statistica è dalla parte delle maschere attuali, (scusate se insisto, pur essendo, per lavoro, un esperto di sicurezza, secondo le normative italiane Dlg 81/2008, faccio solo dei conti nudi e crudi, che in fondo sono le uniche cose che contano). Ovviamente come tutti i DPI (Dispositivi di Protezione Individuali) devono essere tutti in buono stato e ben manutenzionati, non devono presentare rotture, lacerazioni, consunzioni, modifiche e usure che ne impediscano la buona resa, pertanto, le divise non devono avere strappi o altro che ne alterino la performance, i guanti non devono avere buchi e infine le maschere non devono essere arrugginite, devono avere le maglie integre e sempre ovviamente l’elastico dietro la nuca, deve essere performante, non deve essere troppo lasco, per aderire bene alla testa e restare ben ancorato ai lati, cioè il velcro deve tenere bene e non deve avere perso la sua capacità adesiva.
Alla luce di tutto questo ci chiediamo se in Francia che ha numeri che sono 10 volte superiori all’Italia, abbiano adottato il provvedimento con medesima velocità che in Italia, e se sì da che data comincia e così la Germania. Poi proviamo a figurarci il lavorìo dei produttori, presso i quali arriveranno migliaia di maschere fra gennaio e settembre e dovendo mettere le mani su ognuna di esse, con quale tempistica riusciranno a stare nei tempi. È solo business o principalmente indefesso zelo per la sicurezza? E poi, se, come dice John Smith, è vero che quelli che muovono i fili nella stanza dei bottoni della FIE sono pochi, anzi pochissimi, anzi c’è chi dice che sia uno solo, come se fosse una sorta di regno incontrastato di un certo gruppetto di persone, ci chiediamo che peso o ruolo abbia l’Italia, che guarda il mondo da un’altura di medaglie che metaforicamente sembra superare l’Everest. Se in confronto con le altre nazioni l’Italia ha adottato per prima o fra le prime questa richiesta, le considerazioni sono di altra natura e personalmente sono imbarazzato a ogni infinito pensiero che mi sovviene, nel quale naufragar non m’è per nulla dolce.
Fabrizio Orsini

11 gennaio 2018

UNA VIGNETTA E QUELLE DOMANDE SENZA RISPOSTE



Nel giorno dell’Epifania sul profilo Facebook dell’on. Valentina Vezzali è comparsa una simpatica vignetta che, in modo ironico, ripropone il tema delle pari opportunità fra la Befana e Babbo Natale. Coincidenza vuole che, qualche giorno prima, Piazza Scherma avesse ospitato una riflessione in termini più seri di Fabrizio Orsini, che proprio sulle pari opportunità denunciava il silenzio delle nostre atlete, e in particolare dell’on. Vezzali, riguardo l’accordo sottoscritto nel novembre scorso tra la FIS e la Federazione scherma della Penisola Arabica, rappresentante un Paese in fondo a tutte le classifiche legate al rispetto e alla garanzia dei diritti civili per le donne, per un programma di scambio fra atleti e maestri per stage formativi e altri progetti sportivi.

La coincidenza temporale tra l’articolo su Piazza Scherma e la vignetta di cui sopra possono certamente essere frutto del caso, ma se come usava dire un uomo politico che ha attraversato, nel bene e nel male, sei decenni di storia italiana “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” il nostro “pensar male” ci consente alcune riflessioni, che non riguardano purtroppo solo l’on. Vezzali ma si allargano, in qualche misura, al silenzio delle nostre atlete riguardo alla questione degli accordi che la Federazione di cui loro per prime sono tesserate sottoscrive con Paesi di assai dubbia qualità in termini di democrazia.

In un passaggio storico nel quale il tema delle pari opportunità e del ruolo delle donne nella società è ritornato con prepotenza al centro del dibattito pubblico, a prescindere da una vignetta vorremmo rivolgere alcune domande alla componente femminile della scherma azzurra, dalle campionesse che tanto mantengono elevato il prestigio dell’Italia alle atlete di tutte le età e livelli agonistici, alle maestre e al settore tecnico, fino alle dirigenti di sala d’armi o federali: l’accordo con la Penisola Arabica non è degno di un’opinione? Alle vostre colleghe di quell’area del mondo sono assicurati gli stessi diritti e le stesse garanzie rispetto a voi? In vista dei programmi di scambio appena sottoscritti dalla Federazione di cui fate parte non merita forse una riflessione il fatto che in Arabia Saudita e aree limitrofe anche alle donne occidentali, non tanto in pedana quanto nella vita sociale, sono “raccomandate” alcune norme di comportamento e di abbigliamento non proprio liberali, diciamo così? E da ultimo all’on. Vezzali, tuttora e almeno fino alle nuove elezioni Deputato della Repubblica Italiana: davvero il tema non vale un intervento più diretto e deciso, in sede parlamentare o almeno federale?

Mattia Boretti


09 gennaio 2018

AUGURI a Pietro FARDELLA

Scusatemi se approfitto di questo spazio, ma desidero porgere a mio padre i sensi della mia enorme ed immensa felicità per il suo prestigioso traguardo raggiunto: oggi compie ben 91 anni.
E' proprio vero, la SCHERMA allunga la vita.
Auguri infiniti, papà.
Gaspare 


02 gennaio 2018

PARITA' TRA UOMO E DONNA - ACCORDI INTERNAZIONALI



È di qualche giorno fa la notizia che la campionessa di scacchi ucraina Anna Muzychuk, è pronta a perdere i suoi due titoli mondiali (ha vinto il Women's World Rapid Chess Championship (nel 2016) e il Women's World Blitz Chess Championship due volte (nel 2014 e nel 2016) avendo scelto di non prendere parte al campionato mondiale "King Salman" organizzato a Riyadh, in Arabia Saudita a causa del regolamento disciplinare cui dovrebbe attenersi durante le prove: indossare il caratteristico abaya, (un abito, tipicamente nero, che copre il corpo femminile dalla testa ai piedi) e accettare la presenza di un accompagnatore che la segua in ogni suo spostamento.
Anna Muzychuk ritiene, a buon diritto, che il regolamento sia un affronto alla propria libertà e a quella di tutte le donne, perciò ha deciso di rinunciare a questa intollerabile imposizione. “Organizzare un torneo di scacchi in un paese in cui i diritti umani fondamentali non sono presi in considerazione è orribile” ha affermato la campionessa, rendendo pubblica la sua decisione.
Nello sport abbiamo visto più di una donna, competere con l'hijab, ovvero il velo in testa. Nella scherma poi è celebre il caso di Ibtihaj Muhammad che è una sciabolatrice statunitense di tutto rispetto, ma in tutti questi casi, indossare il velo è una scelta personale e non frutto di un’imposizione.
Nel novembre scorso la Federazione italiana Scherma ha rinnovato un accordo fatto anni addietro con la federazione scherma della Penisola Arabica, che favorisce gli scambi con i nostri atleti per allenamenti e l'invio di maestri per stages e corsi formativi e forse altri progetti sportivi degni di nota.
Immagino che, nel rinnovare un simile accordo, la Fis non si sia minimamente posta il problema circa la fruibilità da parte delle nostre atlete o tecniche, altrimenti il nodo del rispetto dei diritti civili delle donne sarebbe venuto al pettine.
È appena il caso di ricordare che l’articolo 3 della Costituzione italiana riconosce pari diritti e doveri a uomini e donne, che l’Italia è uno dei paesi firmatari della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw), adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 1979 e ratificata dall’Italia nel 1985, che la recentissima legge sul limite dei mandati approvata lo scorso 23 dicembre impone di assicurare la parità di genere anche nelle procedure elettorali e, infine, che nel 2017 il CIO ha approvato un progetto relativo alla parità di genere nel movimento Olimpico.
Com’è, allora mai possibile che la Fis si sia impegnata in un accordo di collaborazione con un paese straniero in cui i diritti delle donne sono costantemente e insopportabilmente violati?
Come ha potuto, l’on. Vezzali, che pure tante belle parole in favore della tutela dei diritti delle donne ha speso in Senato, consentire alla sottoscrizione di un simile accordo?
E che dire dei molti altri accordi di cui si vanta il presidente Scarso, conclusi con nazioni nelle quali è in atto la violazione sistematica dei più elementari diritti umani?
Nei lavori dell’ultimo consiglio direttivo è stata criticata la lettera, su carta intestata FIE, che il Presidente Usmanov ha inviato al CIO come presidente della federazione internazionale e cittadino russo, con la quale prendeva le difese degli atleti “puliti” del proprio paese affinché potessero gareggiare sotto l’insegna della bandiera russa.
Posso anche condividere l’idea che una simile lettera non andasse scritta su carta intestata FIE, ma si tratta di un episodio di rilevanza marginale per la scherma che non doveva minimamente interessare il Consiglio. Cosa, invece, ha fatto questo stesso consiglio, in difesa delle donne? Non ritiene lo stesso Consiglio che stipulare certi accordi sia vergognoso per l’Italia? Ed in nome di quale convenienza essi vengono stipulati? Quali benefici apportano alla vita ed al benessere delle società schermistiche italiane?
C’è chi dice che questi accordi, inconciliabili con l’impegno che l’Italia ha sottoscritto per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, servano solo al consolidamento politico internazionale dell’attuale presidente per la sua ambizione di raggiungere la Presidenza FIE.
Non so se ciò sia vero.
Certamente sarebbe auspicabile arrivare ad un simile traguardo percorrendo una strada lastricata di azioni onorevoli piuttosto che di accordi biasimevoli.
La nostra speranza è che la scherma italiana non debba mai essere ricordata per azioni disonorevoli e tale è il nostro augurio per il 2018.
Fabrizio ORSINI

28 dicembre 2017

CHI E' RINALDI?


Sulla mia persona si sono dette tante cose, alcune vere altre false e strumentali: è arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza.
Quello che sta per finire è  il 33° anno di dirigenza nell’ambito della scherma e volendo raccontarli tutti vi annoierei, anche se sono stati anni di intensa attività.
Diverse volte sono stato identificato come colui che riesce a restare a galla a dispetto di tutto e di tutti, in altre parole sarei riuscito a cavalcare le onde migliori. Ebbene sono stato e sono un uomo intellettualmente libero e come tale quando non condividevo, ed ancora oggi quando non condivido, prendo strade diverse da quelle nelle quali inizialmente mi ero avviato.
Quando mi affacciai per la prima volta sui social, allora schermanet e poi ancora schermaonline venni duramente attaccato: in quelle occasioni a criticarmi furono i miei colleghi del Consiglio, i quali non gradirono il fatto che potessi avere un contatto con la base, anche quando questa dialogava con me con un nickname. Non mi nascosi allora e non l’ho mai fatto dopo, assumendomi sempre le mie responsabilità. Successivamente fui accusato di fare politica con concetti ormai vetusti ed anche l’attuale Presidente, in più di una circostanza, ebbe ad esprimere tale concetto, con ciò cercando, e riuscendovi anche, di farmi passare come un personaggio ormai superato. Francamente quel che pensava il Presidente con la sua corte, non mi interessava allora e non mi interessa oggi, soprattutto perché il tempo ha dimostrato la falsità di quei pensieri. Vorrei, però, esprimere la mia opinione sul fare politica e cosa è la politica.
Fare politica vuol dire essere abili, furbi, astuti e non trovo tra gli aggettivi che definiscono fare politica l’intelligenza; per quanto riguarda la politica la definizione si traduce in scienza del governo. Poi c’è il politicante, il quale, normalmente, è fortemente predisposto al compromesso, dice e non dice, è abile nello sfruttare le varie situazioni a proprio vantaggio e abitualmente è incline più al democratismo che alla democrazia. Egli mente sapendo di mentire, non mantiene la parola data, tende a procrastinare l’assunzione di impegni.
Nel concetto di fare politica non mi ci ritrovo in quanto non sono né furbo né astuto e tantomeno abile, con un pizzico di presunzione mi definirei un uomo che sa sfruttare quel minimo di intelligenza che il buon Dio gli ha dato, naturalmente non sono nemmeno una verginella: anche io avrei da farmi perdonare diverse cose, ma ho sempre detto quel che penso: certo utilizzando una terminologia che non fosse offensiva, quindi avendo rispetto per le persone che ho avuto ed ho di fronte.
Di me si sa tutto, sono continuamente monitorato e pur ben consapevole di essere sotto controllo non ho avuto difficoltà ad esternare il mio pensiero. Lo feci con il grande Renzo NOSTINI – allora ero un giovane Presidente di Comitato Regionale – con DI BLASI e l’ho fatto con SCARSO. Tutto ciò non significa che sono sempre stato dalla parte della ragione, tutt’altro, spesso ho sbagliato ma non ho avuto e non ho remore a riconoscere l’errore e quando do la parola la mantengo, anche a costo di pagare oneri salatissimi.
Spesso, sono stato indicato, ma credo di esserlo tuttora nonostante non sia un tesserato FIS, come il nemico da abbattere e quindi strumentalizzato a fini politici: ho saputo accettare tutto questo con grande serenità.
Ho un solo rammarico, non essere riuscito a dare tanto quanto ho avuto.
Di recente un Consigliere federale, con il quale non ho mai avuto alcuna frequentazione se non, in qualche circostanza, quella istituzionale, nel conversare con altro tesserato FIS e sollecitato a prendere le distanze dall’attuale vertice federale, in modo sprezzante e direi offensivo, così si è espresso: “Capisco, ma l’alternativa è passare dalla parte di RINALDI e non ci penso proprio”. Che dire? Questo soggetto è, evidentemente, animato da un pregiudizio che non trova alcuna giustificazione. Però la sua affermazione mi ha dato modo riprendere un pensiero espresso qualche tempo fa e che voglio di seguito riproporre.
In quei giorni venni definito quasi un faccendiere, espressione assai forte fatta circolare ad arte al fine di screditarmi agli occhi del mondo schermistico.
Quel termine, ‘faccendiere’, mi aveva lasciato molto perplesso in effetti, perché di norma viene usato con un significato negativo e di sicuro poco edificante, per indicare personaggi che tramano, inciuciano, trafficano spesso nell’ombra, col fine esclusivo di ottenere benefici personali.
Il ‘faccendiere’, insomma, è un soggetto che compie affari, condotte, o manovre all'occorrenza nascoste e illegali. E’ un procacciatore d'affari e un mediatore senza scrupoli.
Nel moderno linguaggio giornalistico per ‘faccendiere’ si intende una persona che compie affari perlopiù illeciti per conto di uno o più imprenditori privati con la pubblica amministrazione: per esempio affari di corruzione, insider trading, aggiotaggio o a vantaggio di un gruppo di pressione. Insomma, nei miei confronti cominciava a concretizzarsi un giudizio che rimanda a un modo di essere e di agire poco trasparente e molto mirato ad interessi personali.
Prendendo in prestito la famosa esclamazione di un ex Presidente della Repubblica, io dissi “Non ci sto”.
Non ci sto perché sfido chiunque ad affermare che io abbia mai tratto un profitto economico dalle attività che ho svolto al servizio della scherma italiana.
Non ci sto perché dalla mia attività di dirigente schermistico ho ricevuto più danni che benefici, sia direttamente che indirettamente.
Non ci sto perché tutto ciò che ho fatto l’ho sempre fatto alla luce del sole, assumendomene piena responsabilità.
Non ci sto perché sono uno dei pochissimi, nel passato prossimo e remoto della FIS, ad aver avuto la capacità di dimettersi alla vigilia di un’Olimpiade, appena preso atto dell’impossibilità di adempiere in modo costruttivo al proprio mandato elettorale.
Non ci sto, perché sono l’unico ad avere espresso pubblicamente e con grande chiarezza la propria intenzione di attivare e animare un dibattito politico del tutto trasparente, proprio per non dare l’idea di tramare ed agire nell’ombra.
Chi volle, e forse ci prova ancora, dare di me un’idea fosca o truffaldina, solo perché la passione connessa al mio impegno politico mi porta da anni e anni a dialogare con tantissime persone, sforzandomi sempre di trovare con esse un punto d’accordo, si sbaglia di grosso. Il mio unico obiettivo è quello di fare il bene della nostra amata scherma.
Infine, a quel Consigliere che ha avuto espressioni ingiustificatamente e strumentalmente negative nei miei confronti auguro un 2018 all’altezza della sua bassezza.
Ad maiora
Ezio RINALDI

22 dicembre 2017

LIMITE AL RINNOVO DELLE CARICHE ELETTIVE


Il Senato ha approvato oggi invia definitiva il testo del D.D.L. in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica.
Su questo blog si è già parlato dei contenuti di questa riforma e se ne parlerà di nuovo nei giorni a venire. Oggi voglio soltanto informare di questa importante novità attraverso le parole pronunciate in aula dall’On. Ranucci primo firmatario del disegno di legge al momento della dichiarazione di voto: “Dopo circa dieci anni, finalmente vedrà la luce il disegno di legge in esame, che fu presentato per la prima volta da me nel 2008: molto più di due mandati nel CONI. I mandati che avevo proposto erano due e non tre, ma nella politica c'è anche l'arte della mediazione. Quindi, voglio esprimere tutta la mia soddisfazione per il fatto che finalmente si concluda l'iter di questo disegno di legge e ricordare che esso contiene non soltanto il limite ai mandati del CONI, ma anche altre due previsioni che ritengo molto importanti per lo sport italiano: il limite delle cinque deleghe che possono essere rappresentate in Assemblea e, soprattutto, il fatto che il limite dei mandati vale anche per gli enti territoriali. In tali enti ci sono stati dei "condizionatori" dello sport, e lo sa bene il presidente Sibilia, che è stato l'unico che è riuscito a commissariare la sua federazione, nel suo territorio, per un "ras" che era lì da quarant'anni.
Credo dunque che il disegno di legge in esame porti avanti, finalmente, anche uno sport più moderno”.
Ezio RINALDI

AUGURI



A TUTTI I FREQUENTATORI DELLA "PIAZZA" ED AI LORO CARI







11 dicembre 2017

GIUSTIZIA E POLTRONE


Nelle settimane scorse sono stati pubblicati diversi provvedimenti degli organi di giustizia sportiva: sei hanno riguardato episodi avvenuti durante la prova giovani di Ravenna e uno è la decisione d’appello del caso già trattato dal blog nel post INTEGRAZIONI E PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI.
Dei primi sei sappiamo molto poco dato che il Giudice sportivo raramente narra i fatti su cui è chiamato ad esprimersi, ma, almeno per uno soccorrono i social. La decisione n. 21/17 ha infatti riguardato il caso di una spadista che ha calciato una bottiglietta d’acqua addosso al maestro avversario, e siccome, per come narrato nella decisione, l’atleta ha porto le proprie scuse al maestro, non possiamo che dedurne che si è trattato di un gesto volontario.

La questione affrontata dalla Corte sportiva d’appello, invece, è sufficientemente nota, e dunque posso dare per scontata la conoscenza dei fatti da parte dei lettori e passare direttamente all’esame della decisione, che ha ridotto la sanzione della squalifica a sessanta giorni in luogo dei novanta comminati dal Giudice sportivo.
Secondo la Corte, la condotta del tecnico squalificato non si sarebbe limitata ad un’ingiuria, ma ad una vera e propria aggressione fisica, così come sarebbe emerso in modo irrefutabile al termine dell’istruttoria.
Non sono un tecnico, e quindi il mio esame non potrà coinvolgere le questioni tecniche che, per quanto ne so, potrebbero essere sottoposte all'esame del TAR, il quale se riterrà che la sanzione sia illegittima, potrà condannare la Federazione al risarcimento dei danni. Ma credo che non sia necessario avere cognizioni tecniche per rendersi conto che si tratta di una decisione piena di contraddizioni e di errori.
Leggendo le deposizioni dei testimoni mi sembra abbastanza chiaro che tutti e tre si siano contradetti tra loro, e che nessuno di loro abbia mai affermato che vi sia stata alcuna aggressione fisica, per cui mi sembra assolutamente insensata la scelta della Corte di ritenere “vera” una delle tre testimonianze (peraltro di un minorenne) e ritenere provata l’aggressione. In qualunque giudizio, forse persino in un regime dittatoriale o ai tempi dell’inquisizione spagnola, se i testimoni si contraddicono non si può ritenere raggiunta la prova e, men che mai, l’incamminarsi verso qualcuno potrebbe essere spacciato per aggressione fisica.
Persino nella FIS, il Tribunale federale ha detto che è necessario che gli indizi siano quanto meno concordanti tra loro per ritenere provato un fatto, ma evidentemente la giustizia sportiva propriamente detta, segue regole particolarissime che non hanno precedenti in nessun altro tipo di giurisdizione, neppure nella stessa giustizia federale non “sportiva”.
Ma la Corte, infatti, ha avuto l’accortezza di sottolineare che la giustizia sportiva non è legata ad alcun tipo di formalismo, potendo i giudici, in pratica, fare ciò che ritengono più opportuno, mentre sono i tesserati e soprattutto gli accusati coloro da cui i giudici federali pretendono il rigoroso rispetto delle forme; tanto che, più volte, la Corte ha sentito la necessità di sottolineare che alcune richieste dell’accusato non erano state espresse in modo formale per cui non potevano essere tenute in considerazione.
Sempre nello stesso spirito di “autonomia” la Corte ha affermato che le categorie del diritto penale non possono essere applicate alla giustizia sportiva, salvo poi richiamarle per motivare alcune scelte. E in questo altalenare di giudizio, almeno per quel che sembra a me, l’unico criterio è stato quello del minor vantaggio per la posizione dell’accusato.
Sarà proprio che non sono un tecnico e quindi non ho gli strumenti per seguire i sentieri del ragionamento dei giuristi, ma, da profano, a me sembra che questi sentieri siano piuttosto tortuosi e pieni di insidie.
Non è mai chiaro, leggendo le decisioni pubblicate sul sito federale, perché la giustizia sportiva non riesca a trovare una strada maestra ben asfaltata sulla quale fare camminare nello stesso modo e con gli stessi mezzi tutti i tesserati e gli affiliati.
Perché, mi chiedo io, calciare una bottiglietta d’acqua contro il maestro avversario merita un solo giorno di squalifica e dirigersi verso l’accompagnatore non tesserato che ha insultato il proprio allievo con disabilità psicologica è un’aggressione che richiede 90/60 giorni di squalifica?
Perché uno stesso fatto (quello oggetto della decisione n.  7/13 del Giudice sportivo e della decisione del 17 febbraio 2014 del Giudice Unico) riceve due qualificazioni diametralmente opposte, e in una l’aggressore appare aggredito e nell’altra l’esatto contrario?
Forse la migliore risposta la fornisce proprio la Corte laddove rammenta come “ogni propria decisione sia coerente ed uniformata al precetto sostanziale e processuale di talché l’”invito” del difensore del reclamante, si palesa del tutto gratuito ed inopportuno”, cioè ci dice che ogni decisione è un caso a sé, ed è in sé perfetta e non può essere né criticata o raffrontata con altre perché promana dalla giustizia sportiva a cui vanno piegati e sottomessi pure i principi costituzionali richiamati dal CONI.
Un’equazione perfetta quella espressa dalla Corte sportiva: il giudice interpreta la legge, quindi ogni sua decisione non può che essere coerente con la legge, e dunque non può essere criticata o considerata in contraddizione con le altre, perché tutte promanano dal giudice che interpreta la legge e dunque sono ineccepibili.
E quindi, alla fine, pure un “ignorante” come me è riuscito a trovare il bandolo della matassa: quello che capiamo noi delle “leggi federali” non ha nessuna importanza perché vale solo quello che ne pensa la giustizia sportiva in quel particolare momento.
Così, allo stesso modo, non ha nessuna importanza per i giudici federali che l’art. 35, comma 3 lett. C., dello Statuto federale dica che i componenti degli Organi di Giustizia non devono avere rapporti di lavoro subordinato o continuativi di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettano l’indipendenza con la Federazione o con i tesserati, gli affiliati e gli atri soggetti sottoposti alla sua giurisdizione. O che l’art. 60, comma 4 dello Statuto federale dica che le cariche … di componente … degli Organi di Giustizia …. sono incompatibili con qualsiasi altra carica federale e sociale nell’ambito della FIS. Se un componente degli Organi di giustizia si dovesse trovare per caso in una situazione che lo Statuto definisce di incompatibilità e perciò vietata, in ogni caso la decisione da lui assunta sarebbe perfetta perché coerente ed uniformata al precetto sostanziale e processuale.
E sarà stato dunque per questo motivo che uno dei giudici del collegio che ha emesso la decisione n. 3/17 orgogliosamente comunica sul sito internet della propria associazione schermistica di essere componente della Corte sportiva d’appello, nonché Tecnico e Presidente della stessa associazione e di avere rapporti di collaborazione quale docente con diverse Realtà regionali e non; e che un giornale locale abbia ritenuto che la nomina a membro della Corte sportiva d’appello fosse un prestigioso riconoscimento per l’associazione per cui gareggia un altro dei giudici del collegio.
Ormai lo abbiamo capito, questi inutili formalismi non valgono per la giustizia sportiva. Ma ce ne faremo una ragione?
Certo che NO!
Noi continuiamo a sognare una federazione dove ogni decisione non formi un caso a sé ma sia coerente con le altre e, soprattutto, con lo Statuto e con i Regolamenti, e continueremo a lavorare per questo con l’aiuto degli amici vecchi e nuovi (molti ed inattesi) fino a quando non lo avremo ottenuto.
Per conto mio, invito da subito questi giudici a dimettersi. Solo così darebbero certezza di una posizione equidistante da tutte le parti in causa, ovvero dalla FIS, dagli Affiliati, dai tesserati dai Tecnici  e dagli arbitri. La posizione di alcuni di loro è inequivocabilmente e palesemente incompatibile con il ruolo ricoperto nel club di appartenenza, conseguentemente non possono garantire quella terzietà che un Giudice deve avere. Chi li ha nominati? Certamente non la base, pertanto quale fiducia riporre in tale Organismo?
E non è solo questo uno dei malesseri federali, sembra infatti che nelle terre del sud stia per scoppiare una bomba la cui deflagrazione farebbe diverse illustri vittime: staremo a vedere. Farò le opportune verifiche, assumerò informazioni certe ed incontestabili e, cari lettori, vi terrò informati.



Credo che la corsa alla conservazione della poltrona sia lo sport preferito, se volete l’attività
primaria, di ogni federazione. Infatti, certamente non vi sarà sfuggito, la legge sul riordino del CONI ha avuto una imprevista ed inimmaginabile frenata, tanto da non essere stata calendarizzata tra i provvedimenti che questo Parlamento dovrà approvare entro fine anno, per cui stando così le cose il Presidente del CONI dovrà lasciare l’incarico al termine di questo mandato.
Pronto l’intervento del Ministro Lotti, il quale ha presentato un emendamento alla legge di bilancio, l’ultimo treno prima dello scioglimento delle Camere, con il quale si cerca di salvare la poltrona di MALAGO’(https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/12/11/legge-di-bilancio-la-norma-salva-malago-voluta-da-lotti-e-inammissibile-il-regalo-al-presidente-coni-appeso-a-un-filo/4032147/.
Tale emendamento viene presentato come un elemento necessario al fine di garantire il corretto utilizzo delle risorse che il Governo predispone, nella predetta legge, per la vita dello sport Italiano. In buona sostanza si vorrebbe permettere al massimo dirigente del CONI di ricandidarsi per il terzo mandato, però ciò non sarebbe consentito ai Presidenti federali uscenti alla terza riconferma. E’ chiaro che la cosa abbia suscitato le ire e le proteste di questi ultimi, i quali ambiscono allo stesso trattamento riservato per MALAGO’. Il mio pensiero è che tale emendamento non abbia nulla a che vedere con la legge di bilancio, pertanto non dovrebbe passare, ma se dovesse essere approvato (in politica non do mai nulla per scontato) Scarso, al termine di questo quadriennio, dovrà andare a casa. Vi terrò informati anche su questo argomento.
Ezio RINALDI