Si sono svolti i Campionati Italiani del Gran Premio
Giovanissimi a Riccione e sono corse rapidamente voci e deduzioni sul mio
articolo circa l’arbitraggio del 12 maggio 2018. In particolare l’attenzione di
molti si è soffermata su una frase (riporto una frase che ha fatto storcere il
naso agli) ritenuta offensiva per gli arbitri e che vi riporto qui sotto per
esteso:
“Mi
preme concludere dicendo che la classe arbitrale italiana è all’avanguardia,
ma, sempre a detta delle solite voci, che mi tocca selezionare per forza di
cose, ve ne sono alcuni che sono prezzolati, che si vendono per piatti di
lenticchie, e certe volte anche meno, cosa che dal celebre Byron Moreno a oggi
si ripete con una certa costanza, ma che io personalmente ancora stento a
credere. Non posso far altro che incoraggiare gli onesti e desistere gli altri,
sperando che la Federazione sappia regolare il movimento in maniera adeguata.”.
È importante che io chiarisca in maniera inequivocabile
il mio pensiero in quanto non è mia usanza mancare di rispetto a chicchessia e
nella fattispecie men che meno alla classe arbitrale, anzi, chi mi conosce può
testimoniare che ho sempre avuto un contegno riguardoso verso tutti, nel
rispetto dei ruoli che vengono ricoperti nella società civile e ovviamente
anche nella scherma.
L’intero paragrafo dell’articolo che ho riportato in
calce va letto in tutta la sua interezza, e il senso che volevo esprimere è il
seguente:
“Mi preme concludere dicendo che la classe arbitrale italiana
è all’avanguardia, ma, sempre a detta delle solite voci – [omissis ndr] –
ve ne sono alcuni che sono prezzolati, che si vendono per piatti di lenticchie
– [omissis ndr] –
ma che io personalmente ancora stento a credere [cioè
che io non credo che esistano].
Non posso far altro che incoraggiare gli onesti – [arbitri,
a continuare a essere tali, cioè onesti ndr] – e desistere gli
altri – [cioè
chi li calunnia],
sperando che la Federazione sappia regolare il movimento in maniera adeguata. –
[cioè, sia capace di tutelare il
movimento]”.
Spero non me ne vorrete, se per chiarire ho eliminato
dal fraseggio originale gli incisi letterari che nella prima versione servivano
solo a fare da contrappeso all’incipit calcistico e ad arricchire la lettura
con reminiscenze note a tutti, ma che nulla hanno a che vedere con la classe
arbitrale schermistica.
Il chiarimento era dovuto nel rispetto dei ruoli e
della mia opinione che sia ben chiaro ha un solo scopo, quello di migliorare
sempre di più l’attività sportiva che pratico nell’interesse di tutto il
movimento schermistico che io amo.
Purtroppo, talvolta gli interventi come il mio vengono
letti con il pregiudizio che induce il lettore a credere che sia un attacco
polemico o, peggio, offensivo nei confronti del sistema o di persone in
particolare. Se si svuotasse la mente da inutili preconcetti e si leggessero le
parole per come sono esattamente scritte, sono certo che si riuscirebbe a
cogliere il reale messaggio che intendono offrire e cioè che la Federazione ha
il dovere ascoltare quello che la base pensa e agire di conseguenza.
Infatti, se esistesse anche una sola persona che pensa
che gli arbitri siano in qualche modo “influenzabili” il rimedio non è punire
il malpensante, ma adoperarsi affinché la classe arbitrale non dia mai adito al
ben che minimo sospetto su di sé. Soltanto così la Federazione potrà tutelare
il movimento, cioè sé stessa e i propri
membri, a vantaggio di tutti.
Parallelamente, visto che aprivo con metafore
calcistiche, mi preme concludere dicendo che non credo che la FIGC si sia mai
preoccupata di deferire chi insulta gli arbitri, quanto piuttosto di rafforzare
la classe arbitrale fino a renderla un organismo autonomo e perciò protetto e
per certi versi inattaccabile, nel rispetto dei ruoli, con le regole dovute e
definite assieme a tutto il movimento schermistico con l’aiuto delle figure dei
suoi rappresentanti.
Perciò alla fine di questa schermaglia linguistica, mi
sia concesso di salutare il compagno d’arme che mi legge, unito alla stretta di
mano, pronto per un nuovo e sempre leale assalto.
Fabrizio Orsini