28 ottobre 2020

PER EVITARE CHE “TUTTO CAMBI” PERCHE’ TUTTO RESTI COME PRIMA.

SPERLINGA Gianni
Di fronte alle obbligate proposte di cambiamento relativo ad alcune situazioni ormai non più sopportabili dal “popolo” che rappresenta il movimento schermistico italiano, il rischio più probabile (poiché abbastanza frequente) è proprio questo: che alcuni fautori del cambiamento, in realtà attaccati alla conferma di privilegi che non intendono perdere, giungano alla stessa conclusione a cui giunse il giovane Tancredi:” Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?”

Altrochè, s
e si è spiegato, eccome!

Secondo me, un modo per evitare che si realizzi questa, che a me pare più che una ipotesi, è stabilire a priori e pubblicamente cosa si vuole cambiare e come lo si vuole cambiare.

Il cambiamento che la presente “aristocrazia” della scherma deve realizzare non può non avere come principale destinatario il su citato “popolo della scherma”: le piccole società, i tecnici delle piccole società, gli atleti delle piccole società.

Cominciamo col prendere in esame uno dei fattori che più di altri avvelena le piccole società, in quanto ne riduce gli stimoli, ne abbatte gli entusiasmi, ne inaridisce le iniziative: la continua, incessante, sottrazione del prodotto del loro lavoro. Realizzato principalmente da due diffusi comportamenti:

1) La facile inclusione degli atleti più promettenti nei privilegiati Gruppi Sportivi Militari.


2) Il favorire la trasmigrazione di numerosi atleti, grazie ad un assolutamente ridicolo e affatto efficace regolamento relativo ai trasferimenti.

Per reiterare la mia idea in proposito, maturata dall’ ormai trentennale esperienza diretta, riporto quanto scritto, in passato, al Presidente Scarso (nulla è cambiato?!?) e, di recente, a parecchi “amici” interessati al cambiamento.

“Da tempo sostengo in tutte le occasioni e a tutti i livelli l’idea che il trattamento di privilegio che la Federazione riserva ai Gruppi Sportivi Militari rappresenta una ingiustizia, un danno, un vero schiaffo in faccia alle Società “civili”.

Allorché, grazie ad un impegno serio e puntuale, ad una indiscutibile competenza, ad un lavoro lungo e responsabile, queste riescono a far emergere un/a loro atleta, i Gruppi Sportivi Militari si lanciano all’attacco dell’ennesima preda, “cibo” indispensabile alla loro sopravvivenza, spogliando di fatto la società del frutto di tanto lavoro e godendone i vantaggi senza aver fatto alcunché né per produrre questi frutti, né tanto meno per meritarli.”

Con ciò (a me sembra evidente) non intendevo, né intendo, sostenere l’eliminazione di questo aiuto dato ai nostri atleti, che anzi, poiché sono i pochi a portare nel mondo una immagine pulita e apprezzabile del nostro paese, meriterebbero retribuzioni ben più consistenti. Mi riferivo, diversamente da quanto superficialmente sostenuto allora, in occasione di un convegno tenuto a Roma, dal ns Presidente e dall’allora Col. Parrinello, al ricorso indiscriminato a questa situazione da parte di una pletora di militari di tutti i gradi e al danno provocato alle società e ai Maestri formatori dei ns campioni, ai quali nulla viene riconosciuto dagli stessi Gruppi sportivi (sigh) militari né dalla federazione (che, bontà sua, finge di rispettarli “riconoscendo” loro i “punteggi” così conseguiti).

Argomentavo, in quella occasione, anche sulla conseguente “beffa” dei Campionati a Squadre di A1, sottolineando come queste riflessioni siano condivise da molti “addetti ai lavori” e da molte Società, gli interessi e la salvaguardia delle quali non sembrano stare a cuore alla FIS più della salvaguardia degli interessi dei Gruppi Militari.

Durante l’ormai lontana Assemblea di Monza la problematica fu posta con chiarezza e la sua legittimità fu sostenuta anche da alcuni rappresentanti dei Gruppi militari presenti.

“Il Presidente G. Scarso ne riconobbe “coram populo” l’importanza, si disse d’accordo (non riesco a ricordare una volta in cui non lo sia stato) e promise di organizzare “un tavolo” per discuterne e trovare soluzioni accettabili sia per i Militari che per le Società civili.

Il “tavolo”, ordinato forse a qualche oscuro ed incompetente falegname, non è ancora pronto.

Probabilmente ne sapremo qualcosa alla prossima assemblea, nella quale ritengo probabile che il nostro Presidente, rimandando ad un altro tavolo, si dichiarerà certamente d’accordo”

Gianni SPERLINGA

 

1 commento:

  1. Illustrissimi Maestro, è difficile per un un presidente o per qualsiasi altro dirigente che vive le cose della scherma non condividere le cose che ha scritto, ma mi chiedo, come è possibile che soltanto pochissimi Presidenti o dirigenti di società si pongono i problemi che Lei ha scritto e che il sottoscritto condivide al 200 per cento, preso atto che proseguendo nella strada intrapresa negli ultimi anni, più i problemi che ci attanagliano in questi giorni (Covid) attuali il futuro della scherma è nero, soprattutto pensando a chi si sta promuovendo per guidarci nel prossimi quattro anni, vuoi chi ha già dato il meglio di se stesso negli anni scorsi, vuoi coloro che si propongono quali taumaturghi, avendo curriculum di basso profilo del loro passato.
    Al ché una domando rivolgo a coloro che più di altri sono interessati alla scherma degli anni futuri, i Maestri, gli attuali atleti "Azzurri" e coloro che aspirano alla loro successione, ai Presidenti lungimiranti, ma perché non mandiamo a casa tutti gli aspiranti "GENERALI senza gradi" e si forma una nuova lista di Dirigenti, Maestri e Atleti di compravate capacità?
    La scherma è nelle nostre mani, basta voler prendere decisioni da persone coscienti e intellettivamente oneste, con se stessi e verso gli altri.
    Dice un vecchio detto "TRA I DUE LITIGANTI; IL TERZO GODE". Proviamoci brava gente, proviamoci.
    Mario Castrucci

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